San Davino Armeno – 3 Giugno

Martirologio Romano
Nato in Armenia, avendo per tempo conosciuta la vanità delle cose terrene, distribuì i suoi beni ai poveri, poi abbandonò la terra natale per compiere il grande pellegrinaggio al sepolcro di Cristo a Gerusalemme, alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo a Roma e di San Giacomo in Compostela.
Di San Davino, sono attestati numerosi miracoli e guarigioni già quando era in vita. La fama di santità era diffusa non solo in Toscana, dove morì, ma in tutti i luoghi che attraversava. Perché la sua vita non fu altro che un pellegrinaggio senza soste.
Si racconta che Davino avesse messo in fuga il demonio dal corpo di una donna, restituita la vista a un cieco e l’udito e la parola a un sordo-muto, senza dimenticare la guarigione di un giovinetto ritenuto insanabile dai medici.
Nella città di Lucca, Davino mostrò una fede genuina e intensa; la perseveranza nella ricerca di Dio e nella speranza del Vangelo; la gioia paziente con cui visse malattia e sofferenze. Morì il 3 giugno 1050 e fu sepolto nel cimitero nei pressi di San Michele, un luogo che negli anni immediatamente successivi era destinato a diventare sede di non pochi segni miracolosi.
È nella Chiesa di San Michele in Foro a Lucca, che è custodito il suo corpo incorrotto.
I resti del santo hanno una particolarità: le braccia sono estremamente rigide e nella mano destra il dito medio ha una curvatura che sarebbe avvenuta dopo la morte di Davino, in seguito ad un presunto prodigio.
Commento al Vangelo di Luca 16,31

“ABRAMO RISPOSE, SE NON ASCOLTANO MOSE’ E I PROFETI, NON SARANNO PERSUASI NEANCHE SE UNO RISORGESSE DAI MORTI” (Luca 16,31)
Gesù, parlò un giorno di un ricco che dopo una vita disordinata e piena di peccati, alla fine si è trovato nell’inferno. In seguito, parlò di un povero che dopo aver sofferto tanto, il giorno della morte venne premiato con il dono del Paradiso.
La gioia del povero
Anche ai nostri tempi ci sono persone che vivono in situazioni di grande povertà. Quello che veramente dispiace, è vedere i ricchi che non aiutano, pur avendo mille possibilità per sostenere persone e famiglie nel bisogno. Cosa ancora più grave è il fatto che questi ricchi arrivano anche a giudicare i poveri, come delle persone incapaci di vivere in questo mondo. Giudicare è sempre un peccato, perchè è difficile conoscere tutta la storia di una persona e le cause di certe povertà. Comunque, il povero (chiamato Lazzaro), dopo la sua morte fu portato dagli Angeli in Paradiso, accanto ad Abramo, mentre per il ricco si è aperto l’inferno.
Le grida fra i tormenti
La vita qui sulla terra finisce per tutti, senza distinzione fra ricchi e poveri, Santi o peccatori. Il ricco, che nei suoi anni sulla terra non ha aiutato persone in difficoltà, ma sempre e solo si è preoccupato delle sue ricchezze, ora è fra i tormenti dell’inferno. Il ricco, che in una visione vide Abramo e Lazzaro nella pace del cielo, “Gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perchè soffro terribilmente in questa fiamma” (v.24). Questo fa comprendere come l’inferno sia una condizione di vita fra tormenti di ogni genere. “Abramo rispose: figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto tutti i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali, ma ora in questo modo, lui è consolato e tu in mezzo ai tormenti” (v.25). La risposta di Abramo mette in chiaro che nella vita si raccoglie ciò che uno ha seminato. Abramo ha poi precisato che fra il Paradiso e l’inferno, esiste un abisso invalicabile. Allora il ricco supplicò Abramo di richiamare fortemente i suoi cinque fratelli “perchè non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro” (vv.28-30). Le disperate grida del ricco, ancora con insistenza chiesero ad Abramo, che venisse mandato dai fratelli qualche persona miracolosamente risorta dalla morte, così forse si sarebbero convertiti. “Abramo rispose: se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti” (v.31). Fino all’ultimo giorno in cui siamo sulla terra le cose possono cambiare; passati all’altra vita, quello che è fatto è fatto, ogni conversione, ogni cambiamento non è più possibile.
Chi ha tempo non aspetti tempo.
Nessuno di noi conosce il futuro, tutto può cambiare da un momento all’altro, non ci sono preavvisi sul giorno della morte pertanto, è importante essere pronti, vivere in grazia di Dio, evitare il male e fare del bene,sempre con generosità e perseveranza. E’ una tentazione del demonio, non preoccuparci di ciò che ci attende. Non dobbiamo quindi rimandare a domani quello che oggi possiamo ancora fare.
Maria, ci aiuti a vivere il momento presente, in obbedienza alla parola di Dio.
Santi Carlo Lwanga e dodici compagni – 4 Giugno

Morti a: Namugongo, Uganda, 3 giugno 1886
Memoria dei santi Carlo Lwanga e dodici compagni, martiri, di età compresa tra i quattordici e i trent’anni, appartenenti alla regia corte dei giovani nobili o alla guardia del corpo del re Mwanga, neofiti o fervidi seguaci della fede cattolica, essendosi rifiutati di accondiscendere alle turpi richieste del re, sul colle di Namugongo in Uganda furono alcuni trafitti con la spada, altri arsi vivi nel fuoco.
Il Ministero
La Chiesa cattolica venera quali Santi Martiri Ugandesi un gruppo di ventidue servitori, paggi e funzionari del re nell’odierna Uganda, convertiti al cattolicesimo dai missionari d’Africa che vennero fatti uccidere in quanto cristiani sotto il regno di Mwanga II (1884-1903).Inizialmente l’opera dei missionari, avviata nel 1879, venne ben accolta dal re che però si fece influenzare dal cancelliere del regno e dal capotribù, decidendo la soppressione fisica dei cristiani, alcuni dei quali uccise addirittura con le proprie mani. Questa violenta persecuzione vide in totale un centinaio di vittime. In Uganda i cristiani subirono una violenta persecuzione. Tra loro Carlo Lwanga, capo dei paggi del re Muanga, bruciato vivo insieme a dodici compagni il 3 giugno 1886. Papa Benedetto XV beatificò i ventidue gloriosi martiri il 6 giugno 1920 e furono canonizzati l’8 ottobre 1964 dal pontefice San Paolo VI.
Sant’Eliseo Profeta – 14 Giugno

Martirologio Romano
NATO: IX secolo a.C.
MORTO: 13 luglio 1231, Arcella, Padova
A Samaria o Sebaste in Palestina, commemorazione di sant’Eliseo, che, discepolo di Elia, fu profeta in Israele dal tempo del re Ioram fino ai giorni di Ioas; anche se non lasciò oracoli scritti, tuttavia, operando prodigi a vantaggio degli stranieri, preannunciò la futura salvezza per tutti gli uomini.
Il Ministero
Ricco possidente, originario di Abelmeula, il suo nome che significa «Dio salva» risponde bene alla missione svolta tra il popolo di Israele, sotto il regno di Ioram (853-842 a.c.), Iehu (842-815 a.c.), Ioacaz (814-798 a.c.) e Ioash (798-783). Eliseo era un uomo deciso e lo dimostra la prontezza con cui rispose al gesto simbolico di Elia che, per ordine di Jahvé, lo consacrava profeta e suo successore. Eliseo prese parte attiva alle vicende politiche del suo popolo attraverso il carisma della sua profezia e può essere considerato il più taumaturgico dei profeti dell’Antico Testamento.
La Scrittura ricorda infatti una lunga serie di prodigi da lui operati:
- stendendo il mantello di Elia divise le acque del Giordano;
- rese potabile l’acqua di Gerico;
- riportò in vita il figlio della sunamita che lo ospitava;
- moltiplicò i pani sfamando un centinaio di persone.
Profeta non scrittore, come il suo maestro Elia, si preoccupò del suo paese in tempi difficili durante la guerra contro i Moabiti e durante quelle contro gli Aramei.
Morì verso il 790 a.C. e venne sepolto nei pressi di Samaria, dove ai tempi di San Girolamo esisteva ancora il suo sepolcro.
San Luigi Gonzaga – 21 Giugno

Martirologio Romano
NATO: 9 marzo 1568, Castiglione delle Stiviere, Mantova
MORTO: 21 giugno 1591, Roma
Memoria di san Luigi Gonzaga, religioso, nato da stirpe di principi e a tutti noto per la sua purezza, si unì a Roma alla Compagnia di Gesù, ma, logorato nel fisico dall’assistenza da lui data agli appestati, andò ancor giovane incontro alla morte.
Il Ministero
Nacque da Maria Santena di Chieri e dal marchese Ferdinando, discendente dalla nobile e potente famiglia dei Gonzaga, nel 1568. Dalla madre, insieme col latte succhiò pure i primi germi di santità, facendo prevedere l’eccelso grado di perfezione a cui sarebbe sì rapidamente asceso. Ancora piccolo, molte volte fu veduto dai servi e dalla stessa madre in un angolo remoto del palazzo assorto in preghiera.
Il marchese suo padre, intanto, ignaro di tutto il lavoro soprannaturale che la grazia divina operava nel suo caro Luigino, e sedotto dal desiderio di grandezza, intendeva fare del figlio una celebrità. Luigi ad appena sedici anni chiese al padre di entrare nella Compagnia di Gesù. Questi, vedendo fallite e deluse tutte le sue speranze, si oppose, ma invano. Il nostro Santo insisté con tanto coraggio e fermezza, che vinse le opposizioni paterne.
Nonostante la sua innocenza, non risparmiò duri colpi di flagello al suo corpo, perché noi tutti, non innocenti e dalla carne guasta, imparassimo quale è il mezzo per spegnere la triste fiamma della passione. A questo aggiunse una semplice ma affettuosa devozione a Maria SS, a cui consacrò il suo giglio profumato col voto di perpetua verginità. Ventiquattrenne fu trovato maturo per il cielo. In Roma serpeggiava la peste micidiale, che seminava ovunque le sue vittime. Il santo giovane chiese di essere mandato in soccorso dei poveri appestati, e fu accontentato, ma egli stesso contrasse il morbo. Dopo pochi giorni di malattia, circondato dai confratelli, se ne volava serenamente al cielo il 21 giugno del 1591.
Dal Papa è stato proposto a modello di tutta la gioventù.
Santa Germana Cousin – 15 Giugno

Martirologio Romano
NATA: 1570, Frouzins, Tolosa
MORTA: 15 giugno 1601, Pibrac, Francia
A Pibrac, nella diocesi di Tolosa, santa Germàna Cousin Vergine. Addetta alla custodia del gregge, visse umile e povera, e passò allo Sposo dopo aver tollerato molti stenti con somma pazienza. Dopo la morte risplendette per moltissimi miracoli, e dal Sommo Pontefice Pio nono fu ascritta nel numero delle sante Vergini.
Il Ministero
Germana Nacque a Frouzins nel 1570 in un piccolo abitato non lontano da Tolosa in una famiglia di modesta condizione. Dalla nascita ebbe una deformazione congenita al braccio destro e fu sempre di costituzione molto gracile.
Sin da piccola si ammalò di scrofolosi, malattia che le deturpò il viso per tutta la vita. Rimase orfana di madre poco dopo la sua nascita. Il padre si risposò con una donna che si curò ben poco di lei. Essendo impensabile per lei accedere all’istruzione o avere prospettive di matrimonio, fu mandata a pascolare le pecore, restando a dormire con loro nell’ovile.
Iniziò a frequentare la chiesa del suo paese e divenne molto devota, andando a messa e recitando il rosario tutti i giorni. Alcuni la deridevano chiamandola bigotta. Prese quindi a parlare con i suoi compagni più poveri, pastori e fanciulli come lei, degli insegnamenti ricevuti al catechismo, raccogliendo intorno a sé molti ragazzi cui spesso portava da casa delle pagnotte di pane per sfamarli.
La tradizione devozionale racconta che un giorno d’inverno Germana, dopo aver riempito il grembiule di pane, si accingeva a portarlo ai poveri, quando i genitori se ne accorsero e la rimproverarono; ma quando il grembiule venne aperto, era pieno di fiori invece che di pane.
Morì sola, appena trentenne, nella stalla dove dormiva, il 15 giugno 1601.
San Barnaba Apostolo – 11 Giugno

Martirologio Romano
NATO: I secolo d. C., Cipro
MORTO: 11 giugno 61, Salamina, Cipro
A Salamina, in Cipro, San Barnaba Apostolo, il quale, di nazione Cipriota, ordinato dai discepoli Apostolo delle genti insieme a Paolo, percorse con lui molte regioni, esercitando l’ufficio della predicazione evangelica a lui affidato; finalmente, andato a Cipro, vi onorò il suo Apostolato con un glorioso martirio. Il suo corpo, al tempo dell’Imperatore Zenone, fu ritrovato per rivelazione dello stesso Barnaba, insieme ad una copia del Vangelo di san Matteo, trascritta di sua mano dallo stesso Barnaba.
Il Ministero
A 12 anni fu mandato a Gerusalemme ove frequentò la scuola di Gamaliele e strinse cordiale amicizia con due condiscepoli: Stefano e Saulo. Erano tutti e tre della stessa età e dovevano un giorno tutti e tre versare il loro sangue per Gesù Cristo e per la sua Chiesa nascente.
Barnaba è fra i più autorevoli della prima comunità cristiana che si forma tanto che, pur non essendo dei Dodici, viene chiamato apostolo. È il primo ad accogliere Paolo appena convertitosi sulla via di Damasco e giunto a Gerusalemme per conoscere gli apostoli. Mentre in tanti diffidano di quel Saulo che aveva perseguitato i cristiani, lui lo accoglie e lo introduce nella comunità. Ritenuto “uomo virtuoso … pieno di Spirito Santo e di fede”, viene mandato ad Antiochia di Siria. Dopo la predicazione ad Antiochia, Barnaba e Paolo partono per una nuova missione a Cipro. Con loro c’è anche Giovanni, detto Marco (l’evangelista), cugino di Barnaba. La tappa successiva è la Panfilia, ma qui Giovanni decide di fare ritorno a Gerusalemme. Barnaba e Paolo proseguono, invece, per Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra, Derbe e tornano ancora ad Antiochia di Siria. Documenti bizantini riferiscono di un viaggio insieme a Pietro che lo conduce a Roma. Da qui avrebbe proseguito per il nord Italia. A Milano, in particolare, la sua predicazione avrebbe originato diverse conversioni dando così vita alla prima comunità cristiana nella città, che per questo lo considera il suo primo vescovo. Gli Atti di Barnaba, opera del V secolo, raccontano della sua morte a Salamina, dove sarebbe stato lapidato da giudei siriani nell’anno 61.
San Cirillo di Alessandra – 27 Giugno

NATO: 370, Teodosia d’Egitto
MORTO: 27 giugno 444, Alessandria d’Egitto
San Cirillo, vescovo e dottore della Chiesa, eletto alla sede di Alessandria d’Egitto, mosso da singolare sollecitudine per l’integrità della fede cattolica, sostenne nel Concilio di Efeso i dogmi dell’unità e unicità della persona in Cristo e della divina maternità della Vergine Maria.
Il Ministero
Cirillo fu l’intrepido difensore della divina maternità di Maria, il trionfatore di quel concilio di Efeso che mise fine a un’insidiosa controversia teologica che aveva contrapposto per anni le due sedi più prestigiose dell’oriente: quella di Alessandria, in Egitto, della quale era vescovo Cirillo, e quella patriarcale di Costantinopoli, retta da Nestorio. Il patriarca Nestorio, intelligente e astuto la sua parte, si era fatto portavoce di un’idea che, di primo acchito, poteva apparire una sottigliezza bizantina, ma che in realtà smantellava uno dei dogmi chiave del cristianesimo: l’incarnazione. Nestorio si era messo a contestare il titolo di Theotokos, cioè «madre di Dio», con il quale veniva onorata la Vergine Maria. «Tutt’al più affermava Nestorio la potremmo chiamare madre di Cristo, cioè Christotókos». Gli pareva assurdo che una donna potesse essere madre di Dio.
La realtà era che quel Gesù che Maria aveva dato alla luce nella grotta di Betlemme, era lo stesso Verbo vivente, generato dalla stessa sostanza del Padre e che nel tempo si era fatto carne. Era insomma Figlio di Dio. L’incarnazione non era una pura unità di relazione di due persone in Cristo, quella divina e quella umana, ma un’unione sostanziale, ipostatica come dicono i teologi. Quindi Maria è madre di Dio: questo insegnava da sempre la chiesa universale. Cirillo, fu anche un valido pastore d’anime. Usò infatti gran parte della sua intelligenza nello sminuzzare a uso dei semplici fedeli i concetti, non sempre accessibili, della dottrina cristiana.
Sant’Antonio di Padova – 13 Giugno

NATO: 15 agosto 1195, Lisbona, Portogallo
MORTO: 13 luglio 1231, Arcella, Padova
A Padova Sant’Antonio Portoghese, Sacerdote dell’Ordine dei Minori, Confessore e Dottore della Chiesa, illustre per la vita, per i miracoli e per la predicazione, il quale, non essendo ancora trascorso un anno dalla sua morte, dal Papa Gregorio nono fu ascritto nel numero dei Santi.
Il Ministero
Dopo la prima educazione ricevuta nella casa paterna da uno zio canonico, continuò la sua istruzione nella scuola vescovile annessa alla Curia. Con l’età cresceva pure nell’umiltà, unita al disprezzo per le glorie mondane; virtù che, unitamente alla fama di taumaturgo, lo distingueranno sempre.
Sentendosi portato alla solitudine, il Santo pensò presto di ritirarsi in un convento e scelse i Canonici Regolari di S. Agostino. Quivi si diede con tale fervore alla mortificazione della carne, alla ritiratezza e ad un silenzio operoso, da divenire uno specchio per i suoi confratelli.
Ma le sue brame non erano ancora pienamente appagate: il Santo desiderava di ricevere il martirio, se così fosse piaciuto al Signore; e a questo scopo, abbandonato il convento di S. Croce, si ritirò tra i Frati Minori ai quali erano permesse le Missioni.
Antonio, appena giunto in terra di Missione, è assalito da una malattia tale che lo costringe alla più assoluta inazione, e lo inchioda inesorabilmente in un letto, tanto che è costretto al ritorno. Si imbarca allora per ritornare in Portogallo, ma la nave, sbattuta da violenta tempesta, dopo una fortunosa navigazione, viene a sfasciarsi contro il litorale della Sicilia.
Soccorso da alcuni pescatori, viene trasportato a braccia al più vicino convento. Antonio adora la volontà di Dio, ed appena è in grado di camminare si reca ad Assisi. Quivi ebbe la grazia di vedere il suo caro padre S. Francesco, e di assistere al capitolo delle stuoie.
Riconciliò nemici, ridusse i dissoluti a vita migliore, persuase gli usurai alla restituzione. La sua parola era come un dardo che trapassava i cuori e li infiammava d’amore alla virtù.
Commento al Vangelo di Luca 16,2
CHE COSA SENTO DIRE DI TE? RENDI CONTO DELLA TUA AMMINISTRAZIONE, PERCHE’ NON POTRAI PIU’
AMMINISTRARE” (Luca 16,2).

Verrà il giorno per tutti in cui dovremo rendere conto
di come abbiamo amministrato i talenti che il Signore ci ha affidato. Nessuno potrà sottrarsi con scuse più o meno valide. Il racconto che si legge nel Vangelo di un amministratore disonesto, è un richiamo per tutti, perchè si provveda con saggia tempestività a mettere a posto i conti, prima che sia troppo tardi.
- Chi ha tempo, non aspetti tempo
In una forma abbastanza originale, Gesù mette in guardia coloro che si ritengono persone sicure del cammino che stanno facendo, e di poter continuare il proprio lavoro senza problemi. Ma la vita è sempre carica di imprevisti. Gesù non loda il gesto compiuto dall’amministratore infedele, ma mette in evidenza l’accortezza che dimostra per evitare problemi esistenziali quando verrà licenziato. Chi ha tempo, non deve rimandare a domani quello che può fare oggi Non si può aspettare che arrivi la manna dal cielo, nel giorno in cui possiamo trovarci in difficoltà.
E’ doveroso evitare l’evitabile, in tempi opportuni.
- L’accidia
Serpeggia facilmente, anche in persone per bene, di dormire sugli allori. Non si tratta di fare cose cattive, ma non dobbiamo attardarci nel fare le cose buone.
La propria “contabilità spirituale”, va tenuta sempre sotto controllo.E’ per questo che viene detto che “I figli del mondo, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (v.8). Certamente i figli del mondo usano criteri sbagliati, ma di positivo hanno che in qualche modo fanno di tutto per evitare il peggio in tempi opportuni. Gesù mette in guardia coloro che per pigrizia, non fanno il loro dovere.
Fiducia nella Divina Provvidenza
Come cristiani è importante credere nell’intervento della Divina Provvidenza, ma dobbiamo fare attenzione perchè quello che siamo in grado di fare da soli, non ci viene risparmiato. Il Signore è un sapiente educatore, pertanto non ci offre un pesce sulla tavola, ma ci offre gli strumenti per pescare. Troppe volte si pretende dal Signore quello che avremmo potuto procurarci da soli. Una domanda ci dovremmo sempre fare: i talenti che abbiamo ricevuto, li abbiamo sempre spesi bene? Abbiamo fatto il possibile per impegnarli in modo da farli fruttare? Quando per pigrizia o, peggio ancora, per scelte sbagliate, abbiamo perso occasioni molto propizie, non si può pretendere che la Divina Provvidenza conceda quello che oggi ci manca. Purtroppo, ci sono persone che non fanno il loro dovere per prepararsi, anche con sacrificio, alle necessità della vita che li attende. Queste persone, non potranno pretendere che il Signore ricuperi quella preparazione alla vita che essi hanno mancato e che oggi vivono con estrema difficoltà.
- Il verbo “ricominciare“
Nella sua infinita bontà e misericordia, il Signore non manca ugualmente di venirci incontro e per il tempo che siamo ancora sulla terra, ci concede la possibilità di rimediare. Quello che ci chiede è di mettere in pratica, con tempestività e con sacrificio, il verbo preferito dai Santi: “Ricominciare”, senza perdere la speranza.
Maria ci aiuti ad essere persone umili e ad avere sempre la forza di ricominciare.