Commento al Vangelo di Luca 18,1

“UN GIORNO GESU’ DISSE AI SUOI DISCEPOLI UNA PARABOLA SULLA NECESSITA’ DI PREGARE
SEMPRE SENZA STANCARSI MAI” (Luca 18,1)
L’obbedienza è una virtù importante per il cammino che stiamo facendo. La presunzione di saper fare tutto da soli, è sempre pericolosa. Allora lasciamoci guidare da persone che hanno santità, saggezza e esperienza. Per noi Cristiani, la guida sicura è Gesù, è Lui il vero maestro, capace di condurci alla piena realizzazione della vita. Uno degli insegnamenti che oggi ci offre, è di “Pregare sempre, senza stancarsi mai”. Viene però spontanea la domanda: Come facciamo a pregare sempre, con tutto quello che comporta la vita quotidiana? Se Gesù lo dice, vuol dire che la cosa è possibile.Bisogna trovare il modo giusto affinché “tutto diventi preghiera”.
- Vivere in Grazia di Dio
Pregare non vuol dire recitare tante formule litaniche e devozionali; anche perché diventa impossibile quando abbiamo da fare tante cose. Mentre, è cosa buona, iniziare il lavoro con l’offerta al Signore della giornata. Deve poi seguire un lavoro svolto con onestà e con competenza, Tutto questo è già una preghiera, ma a condizione che si viva in Grazia di Dio. Condurre la giornata con l’anima macchiata dal peccato, priva di ogni valore spirituale le nostre azioni. Grave sarebbe anche perdere del tempo in cose inutili, in forme ricreative che non sono giustificate; peggio ancora, se si trattasse di cose che diventano occasione di peccato.
- Un passo ulteriore
Oltre alla fedeltà quotidiana, onestamente dobbiamo vivere sempre in Grazia di Dio; una grazia da chiedere allo Spirito Santo, è di riuscire a mantenere nel corso della giornata, la comunione con Gesù. La presenza di Gesù non disturba, non ostacola la dovuta attenzione al lavoro che si sta facendo. Praticamente è un agire con una serenità spirituale, che allo stesso tempo rende feconda ogni azione che si compie. E’ così che la giornata diventa una preghiera semplice e continua.
- La forza dell’Amore per Gesù
Quando si vuol bene a una persona, quando si apprezza questa persona anche per tutte le sue capacità e virtù particolari che manifesta, facilmente rimane sempre nel cuore. Questa persona è Gesù! Lui è un Tesoro nascosto. Ogni valore, ogni bellezza, ogni capacità e virtù, tutte le troviamo in Lui, vero Dio e vero uomo.
Se abbiamo grazia di stabilire con Lui una sincera relazione, allora il tempo scorre velocemente e l’amore per Lui ricolma la giornata. Certamente sono grazie da chiedere per arrivare a fare quello che Gesù dice e cioè di “Pregare sempre, senza interruzione”. Se, grazie al Signore e alla nostra buona volontà tutto questo si realizza, si arriva a dire anche che non basta una giornata intera per esprimere tutto quello che vorremmo dire e fare per la Persona amata.
- L’Adorazione Eucaristica
Gesù ha voluto restare sempre con noi e in termini molto concreti. La Santa Eucaristia, in diverse Chiese, è sempre solennemente esposta. Se abbiamo fede in questa presenza reale di Gesù, dovremmo trovare del tempo per l’Adorazione della Santa Eucaristia. Questa è la strada giusta per arrivare a pregare senza interruzione, con efficacia e con tanta gioia nel cuore.
Maria ci aiuti a dedicare tutto il tempo possibile all’Adorazione Eucaristica.
Commento al Vangelo di Luca 17,15

“UNO DI LORO, VEDENDOSI GUARITO, TORNO’ INDIETRO LODANDO DIO A GRAN VOCE,” (Luca 17,15)
Nella missione in Palestina, Gesù ha fatto dono a tutti della sua Parola, del suo Amore, di preziose verità, ma anche di miracoli.
Tutti hanno ricevuto volentieri il dono, ma non tutti sono stati altrettanto solleciti nel ringraziare per i bene ricevuto. Così è avvenuto per il miracolo che Gesù ha compiuto su dieci lebbrosi. Tutti sono stati miracolosamente guariti, ma soltanto uno “Tornò indietro, lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo, era un Samaritano”. Giustamente, Gesù ha fatto osservare: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? (v.17). È davvero una vergogna essere guariti dalla lebbra e non avere un minimo di riconoscenza verso la persona che ha concesso un tale dono.
- “Era un Samaritano“
Non viene detto nel Vangelo chi erano i lebbrosi guariti, ma viene fatto però notare, che l’unico ad essere riconoscente fu un Samaritano. A quel tempo, i Samaritani erano considerati dei peccatori. È significativo il fatto che questa persona considerata lontana da Dio, abbia avuto un comportamento migliore di chi avrebbe dovuto invece precederlo. Come prima cosa questo fatto è per tutti un richiamo a non giudicare le persone “come dei peccatori”. Soltanto il Signore conosce l’intimo e la storia di queste persone. Come Cristiani dobbiamo stare attenti a non essere così facili nel giudicare persone o comportamenti che vediamo…
- Devozione o Relazione?
Il fatto dei nove lebbrosi che non hanno sentito il dovere di rendere grazie a Gesù, fa pensare a certe persone che non vivono una vera religiosità. Serpeggia infatti il fatto che per essere religiosi basti una fedeltà alle preghiere che ogni giorno si dicono, evitare il peccato e fare del bene. Queste sono cose buone, ma quello che Gesù vuole è una vera, sincera, perseverante comunione con Lui.
È facile avere una forma di devozione, per Gesù,fatta di parole, di novene; il pericolo è di avere solo una formale attenzione alla persona di Gesù. Gesù chiede l’ascolto, il dialogo, e soprattutto l’intimità con Lui. Si tratta di passare da una forma di “devozione” ad una vera “relazione” con Gesù. Possono sembrare due parole di poco conto, che invececambiano completamente il modo di vivere la nostra fede. È per tutti un cammino difficile da compiere, ma tanto necessario.
- Riconoscenza
Un bambino, quanto bene riceve dalla sua mamma? Quante cure e attenzioni nei primi mesi di vita e così fino a portarlo alla sua maturità umana? Tutto questo dovrebbe portarlo ad avere per la mamma una grande riconoscenza. Molte volte, purtroppo, arrivato all’età giovanile anziché dire grazie, avanza pretese. Questo avviene molte volte nei confronti di Gesù. Sappiamo quando ha fatto dal momento della Incarnazione, fino al giorno in cui ha steso le braccia sulla Croce. La sua opera di salvezza continua nella sua Chiesa e lo sarà fino alla fine del mondo.Tutto questo dovrebbe suscitare una grande e perseverante riconoscenza.
Che Maria ci aiuti a dire grazie a Gesù, non con semplici parole, ma con la vita.
Sante Attinia e Greciniana Vergini – 16 Giugno

Martirologio Romano
MORTE: 303 d.C.
Il Ministero
«… in Volterra erano in quell’epoca due vergini, le quali servivano sempre Dio…dicevano con intrepidezza di essere cristiane…l’una aveva nome Attinia e l’altra Greciniana». Inizia così il racconto di Lodovico Falconcini, un illustre volterrano che narra di due donne che in uno dei momenti più funesti per la fede cristiana decisero di continuare a servire Dio, e rifiutando una vita dedita ai rituali pagani, affrontarono la morte.
Due splendide figure, donne e laiche, che trovarono la morte per la fede durante la persecuzione degli imperatori Diocleziano e Massimiano nel 303.
Originarie del territorio di Casole d’Elsa, in diocesi di Volterra, la tradizione religiosa le vuole sorelle coraggiose e fedeli nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo nella città etrusca, allora sottomessa al dominio romano.
Dopo il martirio subìto, secondo la tradizione, con lancia e spada, le loro spoglie furono sepolte sulle pendici del monte volterrano, nei pressi della voragine delle Balze. Dopo un oblio di diversi secoli, nel 1140 i loro corpi furono ritrovati, durante uno scavo, dai Monaci Camaldolesi della Badia di San Giusto che era sorta, appunto, in quei paraggi. Una memoria in marmo ed una lamina in piombo identificava i resti mortali delle due Sante che furono immediatamente traslati sotto l’Altare Maggiore della Badia.
Nel 1814 poi, quando i Monaci Camaldolesi stavano per abbandonare la Badia, le reliquie delle Sante furono solennemente traslate in Cattedrale, dove ancor oggi riposano.
Dal ritrovamento dei corpi fino ai nostri giorni, il culto di Attinia e Greciniana è andato rafforzandosi ed identificandosi attraverso i secoli, grazie anche all’esecuzione di pregevoli opere d’arte, pitture e sculture, che le raffigurano e che si devono sia a celebri maestri di fama come il Ghirlandaio e Cosimo Daddi, sia ad artisti locali.
Santi Marcellino e Pietro – 2 Giugno

Martirologio Romano
San Marcellino sacerdote e San Pietro esorcista furono due martiri cristiani chiamati a testimoniare la fede in Gesù Cristo durante la persecuzione di Diocleziano del 304.
Convinto che il cristianesimo fosse di ostacolo allo sviluppo politico ed economico dell’Impero Romano, Diocleziano, adottò una serie di misure repressive che colpirono con violenza le comunità cristiane. Nel 303 l’Imperatore, difatti, promulgò ben tre editti repressivi contro i cristiani.
Le carceri si riempirono di uomini di fede e lo spazio nelle prigioni per contenere i condannati per i vari reati civili quasi finì!
I fatti raccontano che tra i tanti prigionieri di Roma, Serono, Prefetto di Roma, denunciò il giovane esorcista Pietro, noto per la sua fede cristiana dichiarata pubblicamente. Pietro, confessando la sua fede, si oppose ad adorare gli dèi. Per il suo atto di fede, “fuori” legge date le regole vigenti, fu torturato, percosso con verghe e rinchiuso quasi morente nel carcere.
Marcellino, sfidando la morte sicura, si recò in carcere e impartì il battesimo a tante persone. Entrambi, Pietro e Marcellino, nuovamente accusati e costretti ad abiurare la fede in Cristo, vennero imprigionati, percossi, torturati e condannati a morte.
Le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.
L’inizio dello scavo delle Catacombe risale alla seconda metà del III secolo. Innumerevoli sono gli ambienti ivi affrescati. Il luogo fu meta di pellegrinaggi e molte furono anche le modifiche che vennero apportate nell’ambiente catacombale da diversi papi nei secoli.
Nel periodo carolingio, infine, le reliquie dei due santi furono trasportate in Germania nella città di Seligenstadt, dove tuttora sono custodite.
S. Giusto Vescovo e San Clemente – 7 Giugno

Martirologio Romano
San Giusto nacque nella seconda metà del ‘500 sulla Costa d’Africa che guarda il Mediterraneo, da una famiglia cristiana e, come narrano alcune fonti medievali, intorno al ‘537 fu costretto a rifugiarsi in Italia, causa le terribili persecuzioni bizantine.
Salpò dal porto africano di Ippona con un gruppo di religiosi guidati da San Regolo, insieme al fratello Clemente e all’amico Ottaviano. Seguendo le sibilline indicazioni della “Tavola Peutingeriana” cercarono di raggiungere Volterra.
Sull’attuale Via Vecchia Volterrana i tre religiosi, dopo giorni di stressante viaggio, si fermarono per rifocillarsi e riposare. La leggenda racconta che Giusto assorto in preghiera, appoggiato ad un grosso masso al bordo della strada, abbia miracolosamente lasciato, come a testimoniare il suo passaggio, l’impronta dei suoi piedi su quella grossa pietra, che da allora fu venerata e denominata “Masso di San Giusto”.
I due fratelli con Ottaviano proseguirono il cammino; Ottaviano ben presto si ritirò in preghiera nella Valle dell’Era e Giusto, sebbene non fosse ancora ufficialmente incaricato dal Papa, vescovo di Volterra, si prodigò lo stesso col fratello Clemente per l’evangelizzazione delle popolazioni, nonché per la difesa stessa della città da tempo assediata dai Goti.
Una storia racconta infatti che mentre il re ostrogoto Totila, si accingeva ad occupare la città, San Giusto prodigiosamente consigliato dagli angeli, fece raccogliere tutto il pane all’interno della città stessa e lo fece calare giù dalle mura dentro grandi ceste per offrirlo ai nemici che, disorientati da quel gesto sorprendente e inaspettato, decisero di sospendere l’assedio e di fuggire.
La gente attribuì a Giusto il merito di aver salvato miracolosamente Volterra! Fu proclamato Vescovo e da allora ricordato per le sagge parole: “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare”, famoso motto vincente e disarmante nella sua semplicità, tanto da mettere in fuga perfino i temibili vandali. Finché il giorno di Pentecoste del 5 giugno del 1556, il vescovo Giusto e suo fratello Clemente, sacerdote in Volterra, si spensero insieme.
Santi Pietro e Paolo Apostoli – 29 Giugno

Martirologio Romano
Solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso. Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venerazione celebra il loro trionfo.
Il Ministero
Tutto il Popolo di Dio è debitore verso di loro per il dono della fede. Pietro è stato il primo a confessare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Paolo ha diffuso questo annuncio nel mondo greco-romano. E la Provvidenza ha voluto che tutti e due giungessero qui a Roma e qui versassero il sangue per la fede. Per questo la Chiesa di Roma è diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo. Non per il potere dell’Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo! (Papa Francesco).
S. PIETRO APOSTOLO
Pietro nacque a Betsaida in Galilea da poveri genitori. Quegli che doveva divenire il primo Papa, la prima colonna della Chiesa, era un semplice pescatore. Però era uno di quegli israeliti semplici e retti che aspettavano con cuore mondo il Redentore d’Israele.
S. PAOLO APOSTOLO
Saulo, in seguito Paolo, nacque a Tarso, capitale della Cilicia, nei primissimi anni dell’era volgare. Fu circonciso l’ottavo giorno, ricevendo il nome di Saulo a ricordo del primo re d’Israele, il più grande personaggio della tribù di Beniamino, cui la famiglia apparteneva.
San Bonifacio Vescovo e Martire – 5 Giugno

Martirologio Romano
NATO: Crediton, Inghilterra 680
MORTO: Frisia, 5 giugno 755
S. Bonifacio nacque in Inghilterra verso l’anno 680. Educato nella religione cristiana, fin dalla più tenera età mostrò grande amore verso Dio e di Lui parlava con grande gusto. Alla santità della vita univa pure grande ingegno e amore allo studio, in particolare alla Sacra Scrittura, che fu sempre la fonte inesauribile della sua predicazione. Dopo il regolare corso di studi venne ordinato sacerdote l’anno 710.
Le sue rare doti di santità e di scienza si manifestarono meglio in lui, con ammirazione dei suoi superiori, quando fu mandato all’Arcivescovo di Canterbury per sistemare una delicata questione. Aborriva qualsiasi lode e approvazione; e temendo di poter essere in seguito elevato ad altre cariche, partì dall’Inghilterra e andò in Francia. Anni dopo, bramando essere semplice missionario, si recò in Asia.
Sotto la direzione di Bonifacio si tennero alcuni sinodi che emanarono salutari provvedimenti, promulgati poi come leggi della Chiesa e dello Stato.
In particolare esortò il clero a condurre una vita conforme ai canoni (proibizione di portare armi, della caccia, del vestito laicale e del concubinato), i membri del clero furono assoggettati alla vigilanza del vescovo, si prescrisse per i monaci la regola di San Benedetto, si proibirono usanze pagane e superstiziose e la diffusione di dottrine eretiche, si insisté per l’elezione canonica dei vescovi
Quando il suo pellegrinaggio terreno volgeva al termine, per meglio prepararsi al gran passo, rinunziò al vescovado lasciando posto solo alla predicazione.
Il 5 giugno del 755 sorpreso insieme a molti altri sacerdoti da una banda di furibondi idolatri, diede il suo sangue per il nome di Gesù Cristo, dopo aver esortati tutti gli altri sacerdoti a prepararsi coraggiosamente al martirio.
San Giustino Martire – 1 Giugno

Martirologio Romano
NATO: II secolo, Sichem
MORTO: II secolo, Roma
San Giustino martire, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento; lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino. Infatti, dopo aver presentato all’imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte.
Il Ministero
Giovane quieto, aveva cercato attraverso lo studio della filosofia la verità e con essa la felicità, senza peraltro raggiungerla. Si ritirò allora nel deserto, dove incontrò un vecchio saggio al quale confidò i suoi tormenti. “Leggi i profeti, leggi il Vangelo e troverai quello che cerchi”.
Giustino li lesse e la grazia di Dio gli illuminò la mente e gli riscaldò il cuore. Non rinnegò per questo la filosofia, anzi trasse da essa motivi per dimostrare la ragionevolezza deL cristianesimo: lo fece scrivendo una celebre Apologia e sostenendo accesi dibattiti con i più famosi filosofi del tempo. L’eco della sua attività giunse all’orecchio del prefetto di Roma, impegnato in una dura persecuzione contro i cristiani così venne processato. “Ho studiato tutte le scienze, ma solo nella dottrina dei cristiani religiosamente seguiti ho trovato la verità” rispose al prefetto che lo interrogava. E poiché non si scostò di un passo dalla professione di fede pronunciata, venne condannato a morte. Fu decapitato, dopo aver subito il tormento e l’ingiuria della flagellazione.
San Paolino da Nola Vescovo – 22 Giugno

Martirologio Romano
NATO: 353 d. C., Bordeaux, Francia
MORTO: 431 d. C., Nola, Campania
San Paolino, vescovo, ricevuto il battesimo a Bordeaux e lasciato l’incarico di console, da nobilissimo e ricchissimo che era si fece povero e umile per Cristo e, trasferitosi a Nola in Campania presso il sepolcro di san Felice sacerdote per seguire da vicino il suo esempio di vita, condusse vita ascetica con la moglie e i compagni; divenuto vescovo, insigne per cultura e santità, aiutò i pellegrini e soccorse con amore i poveri.
Il Ministero
S. Paolino nacque da illustre famiglia senatoria. Ricchissimo e nobilissimo, entrato nella carriera politica, venne presto innalzato alla dignità di senatore e con questo onorifico titolo venne in Italia, fissando la sua sede a Nola. Qui, scosso dai fatti strepitosi che avvenivano alla tomba del martire S. Felice, cominciò ad avvicinarsi alla fede di Cristo. Durante una permanenza in Spagna conobbe un’avvenente e pia giovane, Therasia, che sposò. Ambedue però decisero poi di perseguire un ideale di perfezione evangelica fondato sulla povertà, l’ascetismo e la preghiera, spinti a quella decisione fu la morte prematura del figlioletto, Celso. Abbandonata ogni altra occupazione, approfondì lo studio delle Sacre Scritture, e, fedele interprete di quelle parole di vita, ne ricavò un grande disinteresse delle grandezze umane ed un ardente desiderio dei beni eterni. Distribuì le sue ingenti ricchezze ai poveri e, separatosi dalla sua fedele consorte, che rinunziando al matrimonio prendeva il velo, si recò a Barcellona. Divenuto troppo famoso, se ne tornò a Nola ove vestito di rozza tonaca passava i giorni e le notti nelle veglie e nei digiuni, continuamente assorto nella contemplazione delle cose celesti. Si stabilì insieme alla consorte in un ospizio per i poveri da lui edificato. Divenuto vacante il vescovado di Nola, Paolino venne unanimemente eletto vescovo.
Si ammalò e s’addormentò nel Signore l’anno 431, lasciando numerosi scritti grandemente apprezzati per la loro sapienza. È considerato dalla Chiesa il patrono dei campanari poiché a lui è attribuita l’invenzione delle campane come oggetto utilizzato in ambito ecclesiastico.
San Virgilio di Salisburgo Vescovo – 26 Giugno

Martirologio Romano
NATO: Irlanda
MORTO: 27 novembre 784, Salisburgo
Irlandese d’origine, Virgilio svolse gran parte della sua attività in Carinzia, a Salisburgo, come vescovo, chiamatovi da Pipino il Breve con il compito di evangelizzare e pacificare il ducato di Baviera da poco conquistato. Nella terra natale Virgilio aveva fatto esperienza monacale fino a giungere alla carica di abate in un importante monastero.
Il Ministero
Nonostante fosse uomo provvisto di grande cultura teologica e scientifica, la sua elezione a vescovo non trovò il consenso di san Bonifacio, legato papale in Germania, ma solo perché l’imperatore non aveva avuto l’accortezza di consultarlo. Comunque, non fu solo questo l’unico motivo di attrito tra Bonifacio e Virgilio: li dividevano anche diverse concezioni scientifiche in campo cosmologico, con implicazioni nel versante dottrinale. Redarguito da papa Zaccaria, Virgilio obbedì con umiltà, abbandonò le dispute teologiche dedicandosi con zelo all’organizzazione della sua diocesi. Fu instancabile nell’educazione religiosa del popolo e nell’assistenza ai poveri. Nel 774 inaugurò la prima cattedrale della città, nella quale trasferì le reliquie del primo vescovo, san Ruperto.
Oltre a ciò, curò la fondazione di numerose abbazie (quella di San Candido ad esempio) estendendo la sua attività missionaria anche alla Stiria e alla Pannonia. Morì nel 784, ma solo nel 1233 venne ufficialmente riconosciuta la sua santità.