SAN CARLO BORROMEO
Carlo nacque ad Arona, sul Lago Maggiore nel 1538, in una nobile e ricca famiglia. Il padre Gilberto era noto per la profonda religiosità e per la sua generosità verso i poveri. Anche la madre Margherita era piissima, purtroppo morì quando Carlo aveva solo 9 anni.
A 12 anni Carlo fu nominato commendatario di un Abbazia Benedettina di Arona che fruttava una rendita di 2000 scudi. Nonostante l’età, però il ragazzo aveva già le idee chiare. Infatti appena ricevuta l’investitura, corse dal padre a dire che intendeva spendere quei soldi in aiuto ai poveri.
A 14 anni si recò a studiare prima a Milano, poi a Pavia, nella condizione di studente rivelò ben presto i suoi numerosi talenti: grande intelligenza, carattere tenace e riflessivo, era portato all’essenziale e a non perdersi in tante banalità o esperienze superficiali. Nel 1559 diventò Dottore in “utroque jure” e aveva solo 21 anni.
Quando Carlo aveva 22 anni il Papa Pio IV lo nominò Cardinale con un incarico che oggi viene chiamato Segretario di Stato. Poco dopo gli affidò anche l’amministrazione della Diocesi di Milano con l’obbligo però di restare a Roma. Carlo nonostante le cariche rimaneva sempre un uomo di cultura, a tal fine fondò un Accademia a carattere umanistico letterario.
L’improvvisa morte del fratello Federico avvenuta nel 1562 fu interpretata da Carlo come un segno da parte di Dio per riformare la propria vita ancora di più in senso evangelico. Ridusse il proprio tenore di vita, intensificando la penitenza, i digiuni e le rinunce. Riprese inoltre, con più impegno, la propria formazione teologica e pastorale.
Ma il più grande merito di Carlo Borromeo fu di convincere il Papa a riconvocare il Concilio di Trento sospeso nel 1555, egli fu la mente organizzatrice e l’ispiratore di questa nuova ripresa.
Nel luglio 1563 fu ordinato sacerdote e poco tempo dopo Vescovo.
Nell’aprile 1566 raggiunse Milano, dove iniziò subito la grande opera di riforma secondo il Concilio di Trento. Fu un organizzatore geniale e un lavoratore instancabile tanto che Filippo Neri esclamò: “questo è un uomo di ferro”.
Organizzò la sua Diocesi in 12 circoscrizioni, curò la revisione della vita della parrocchia, obbligando i parroci a tenere i registri di archivio, con le varie attività e associazioni particolari.
Si impegnò molto nella formazione del clero, creando il Seminario Maggiore e Minore. Fu soprattutto instancabile nel visitare le popolazioni affidate alla sua cura pastorale spirituale, iniziando la sua prima visita nel 1566 subito dopo l’arrivo a Milano.
Incontrò difficoltà e talvolta anche ostilità, come nel caso dell’attentato che subì il 26 ottobre 1569 ad opera di quattro frati dell’Ordine dell’Umiliati, uno di questi gli sparò mentre era in preghiera nella sua cappella privata, la pallottola gli forò il rocchetto, ma lui rimase illeso miracolosamente ed il popolo lo interpretò come un segno dell’alta bontà delle sue riforme.
Ma lo spessore della sua personalità di pastore e del suo grande amore lo mostrò in occasione della peste del 1576 assente da Milano perchè in visita pastorale rientrò subito, mentre il governatore spagnolo e il gran cancelliere fuggivano via. Organizzò l’opera di assistenza, visitò personalmente e coraggiosamente i colpiti dal terribile morbo, aiutò tutti instancabilmente.
Il Borromeo fece quattro viaggi a Roma e quattro a Torino come devoto della Sacra Sindone.
A causa della sua attività pastorale senza sosta, i frequenti viaggi, delle continui penitenze, la sua salute peggiorò rapidamente. La morte lo colse il 3 novembre 1584.
Il suo culto si diffuse rapidamente fino alla canonizzazione fatta nel 1610 dal Papa Paolo V.
Carlo Borromeo moriva fisicamente ma la sua eredità, fatta di santità personale e di azioni instancabile per la Chiesa era più viva che mai e continua anche ai nostri tempi.